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La contaminazione musicale come fattore ricorrente

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Luke Bryan

Oggi si “sparla” dei Florida Georgia Line piuttosto che di Luke Bryan (che non a caso ha aperto i CMA 2018 lo scorso novembre con il suo significativo brano “What Makes You Country”) come di coloro i quali stanno “imbastardendo” la country music. Ricordo però che quando nel 1992 vidi Billy Ray Cyrus esplodere letteralmente con “Achy Breaky Heart” vestito a quel modo, atteggiandosi a quel modo, con quella canzone che tutto aveva fuorché il sapore della musica country che stavo imparando ad amare mi domandai se da allora in avanti sarebbe stato quello lo stile a cui sarei stato costretto ad abituarmi. Per fortuna non andò così e – almeno in quell’occasione – Cyrus fu sostanzialmente una mosca bianca che trovò i suoi spazi senza toglierne a quelli che – come me – trovarono (e trovano) “Achy Breaky Heart” assolutamente insignificante, ridicola e banale.

Billy Ray Cyrus al tempo degli esordi con “Achy Breaky Heart”, nei primi anni ’90 dello scorso millennio

Chissà che forse la “resistenza” non debba essere grata proprio agli artisti – non pochi – che allora a fatti o parole si scagliarono contro il tentativo di questo ragazzone in jeans squarciati, fisico palestrato con maglietta maniche corte a metterlo in evidenza, catenazze al collo e scarpone da ginnastica di scardinare il consolidato, rassicurante e solido status quo discografico.


Travis Tritt (foto Wade Payne/Invision/AP)

Tra questi ci fu uno dei miei artisti country (country-rock, per la precisione) preferiti: Travis Tritt (a destra), che da quasi 30 anni è dentro questo mondo e ammette di sentirsi in missione nel preservare il suono tradizionale di questa musica che lo attrasse quando era un giovanotto che cresceva nella Georgia rurale degli anni ’60. In una intervista del 1992 all’indomani del successo di “Achy Breaky Heart”, Tritt la definì frivola e affermò che aveva poco da dire. Ma non finì lì: in un’altra intervista, rispondendo ad una domanda riguardante la (strana) teoria di un professore universitario che sosteneva la maggiore propensione dei fan della musica country a commettere suicidio rispetto ai fan degli altri generi musicali, disse: «La posso capire [la teoria, ndr] perchè ogni volta che sento “Achy Breaky Heart” anche a me viene voglia di tagliarmi le vene».
Billy Ray Cyrus, dal canto suo, non gliele mandò a dire e quando nel 1993 alla sua hit fu riconosciuto il premio Migliore Canzone Country di quell’anno da parte dell’American Music Awards, salendo sul palco per ritirare il trofeo ringraziò prima i suoi fan e poi disse: «As far as I am concerned, to those people who don’t like “Achy Breaky Heart”, here’s a quarter  …  call someone who cares» (tradotto: «Per quello che mi riguarda, a quelli cui “Achy Breaky Heart” non piace, eccovi un quarto di dollaro … telefonate a qualcuno a cui importa». Per chi non lo sa, “Here’a a Quarter, Call Someone Who Cares”  è il titolo di un successo di Travis Tritt…)!
In una recente intervista Tritt, nato il 9 febbraio del 1963, ricorda che le canzoni importanti con le quali crebbe da bambino erano per lo più canzoni country perchè esse parlavano delle cose che la gente normale, quella che lavora, quella che incontriamo per strada vive ogni giorno: vale a dire quello che provi nei confronti di qualcuno che ti sta a cuore, o qualcuno che ti piace; quello che provi riguardo la tua situazione sociale, il tuo lavoro o il paese in cui vivi. «Le canzoni di quegli anni in cui crebbi parlavano di tutte queste cose. E significavano qualcosa, non erano solo dei motivetti che ti facevano muovere al loro ritmo o ti facevano venire solo voglia di ballare. Erano brani pieni di significato, e avevano un messaggio che penso risuonasse ed avesse effetto in tutto il paese.»


Beyoncé e le Dixie Chicks ai CMA Awards 2016 (Credit Image Group LA / ABS / Getty Images )

Tritt ha alzato la sua voce in difesa della musica country tradizionale anche nel novembre 2016 in occasione dei Country Music Association Awards di quell’anno, quando si dichiarò assolutamente contrario alla contaminazione pop e R&B che da qualche anno a questa parte caratterizza questa serata e che ha trovato il suo culmine nella edizione in questione quando sul palco è salita addirittura Beyoncé, esibitasi con le Dixie Chick (nella foto a sinistra) e che una buona parte del pubblico (soprattutto da casa) non ha troppo gradito commentando poi con toni molto aspri e duri la sua presenza attraverso i canali social. «Penso che sia fondamentale tenere sempre in mente le radici di questa musica» ha detto Travis Tritt nell’occasione «e che dobbiamo sempre essere capaci di dire “Ehi sai cosa c’è? Che se non fosse stato per quelle persone che hanno aperto le porte a gente come me, non avrei mai potuto portare il mio contributo alla continuazione della musica che tutti noi abbiamo imparato ad amare e a rispettare così tanto nel corso degli anni. Questa è la ragione principale per la quale dobbiamo sempre riferirci alle nostre radici musicali, secondo me, ed è una cosa a cui un sacco di persone là fuori, il nostro pubblico, si identifica.»
Ad ogni modo Tritt si è beccato anche accuse di razzismo (a torto, secondo me) per avere censurato la decisione dei produttori dei CMA Awards di invitare ad esibirsi Beyoncé nella edizione 2016. Egli ha solo voluto proteggere l’integrità del genere musicale che ama chiudendo il cerchio con un tweet due giorni dopo lo show che recitava “E’ cominciato tutto prima di questo. Achy Break Heart è stato l’inizio della fine per i fan della vera country music” (tweet al quale peraltro Billy Ray Cyrus non ha mai risposto …).
Comunque sono certo che la critica di Travis Tritt fosse legata alla canzone e non all’artista. Conclude Tritt: «Penso che la musica country sarà ancora in giro per molto, molto tempo e penso che siamo destinati ad avere un grande successo, a patto che non buttiamo tutto nel cesso. Facciamo in modo che quando la gente viene ai nostri concerti insegniamo loro chi sono stati Merle Haggard, George Jones, Johnny Cash, Waylon Jennings e tutti gli altri. Che lascino la sala con una buona conoscenza di cosa siano le origini e la storia della musica country.»
Massimo Annibale

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